Ermanno Lavorini, 12 anni, esce già da solo inforcando la sua bicicletta Super Aquila rossa.
Ma un pomeriggio, da quel giro in bici, non torna più.
Primo evento mediatico in assoluto in Italia, il caso-Lavorini fu sulla bocca di tutti, tutti si sentirono genitori, fratellini o sorelline del piccolo rapito.
Poi, di lui, tutti si dimenticarono.
Tutti.
Per quali motivi?
Di lì a poco, bombe, attentati, lotte ‘rivoluzionarie’ o ‘reazionarie’ avveleneranno il paese.
La vittima d’una impensata sorte.
In Italia mai era accaduto.
Da quel momento tutto fu fottuto.
Dopo il Bambino, solo agitazione.
Fu la strategia della tensione.”
liberamente ispirato al 'caso-Lavorini'
testo - regia
GIOVANNI MEOLA
ass.te alla regia
ANNA BOCCHINO
foto di scena
NINA BORRELLI
durata | 75'
debutto | Aprile 2019
Quell’autore si è fatto a sua volta prendere da quella piccola ossessione, facendola propria, e ha immaginato delle ‘voci’, nove voci da un rapimento, per l’esattezza.
Quelle dei veri protagonisti di questa intricata vicenda.
Ma le ha immaginate trasfigurate, ognuna con una sua specifica caratteristica in sede di scrittura, ognuna coniugata in uno stile diverso (prosa, versi sciolti, rime, anafore, ecc.).
Nove voci affidate a volto, corpo e voce di quello stesso attore ancora oggi alle prese con quella ossessione che, in scena, anche attraverso un inesausto lavorio fisico, potrà finalmente domare per raccontare quella che forse fu proprio l’infanzia delle stragi, come scrisse qualcuno in quegli anni, Cassandra inascoltata o forse volutamente trascurata.
In fondo, l’Italia non continua ancora oggi ad essere il paese dei misteri irrisolti?
Il rapimento e uccisione di Ermanno Lavorini furono subito rubricati (da stampa, TV, forze dell’ordine, inquirenti) come frutto della devianza giovanile che a Viareggio significava il giro della prostituzione omosessuale e minorile che gravitava attorno alla Pineta di Ponente della cittadina balneare che, nel frattempo, era diventata uno dei simboli del boom economico italiano, meta vacanziera di tantissime famiglie della media e medio-alta borghesia del paese.
Uno scandalo di proporzioni inaudite per un paese ancora puritano e benpensante.
Gli adulti coinvolti nel caso furono distrutti nella reputazione: qualcuno si suicidò, qualcun altro morì di crepacuore, qualcun altro ancora vide finire in polvere la sua carriera politica.
Solo grazie alla pervicace azione di pochi, isolati, giornalisti, tra cui Marco Nozza, soprannominato il ‘Pistarolo’, il caso fu rimesso in discussione da un giudice istruttore che porterà a processo, e a far condannare per motivi politici, alcuni ragazzi appartenenti al Fronte Monarchico Giovanile, diversi esponenti dei quali cambiarono decine e decine di volte versione durante gli anni di indagini e detenzione, depistando scientificamente il corso delle cose.
Nel frattempo, a Viareggio veniva fatto naufragare il progetto politico di un’alleanza tra i partiti socialista e comunista uniti a fronteggiare l’avanzata delle destre missina e monarchica.
Un intreccio perverso di devianza minorile, eversione politica, insabbiamenti, depistaggi e reticenze.
Il ‘caso Lavorini’ fu definito da molti una sorta di anticipazione della strategia della tensione che di lì a pochi mesi (Dicembre ’69) scoppierà in tutta la sua virulenza.
Quando le indagini furono correttamente indirizzate verso la matrice politica (i ragazzini del Fronte Monarchico rapirono il bambino per ottenere un riscatto con cui finanziare azioni eversive e dinamitarde per bilanciare le proteste che, da sinistra, i giovani cominciavano a fare sull’onda del ’68 parigino, come nella contestazione avvenuta il 31 Dicembre ’68 a Viareggio, alla Bussola, il locale più famoso d’Italia), calò di botto l’attenzione sul caso e sulla sua vera matrice.
Del resto, nel frattempo, avevano cominciato a scoppiare le bombe…
(Left | Stefania Limiti)
(Controscena | Paolo Marsico)
(FacciUnSalto | Francesca Pace)
(Il Corriere del Teatro | Francesco Gaudiosi)
(Notizie Teatrali | Maresa Galli)
(TeatroCultNews | Rita Felerico)
(Xeventi | Angela Andolfo)
Uno spettacolo di drammaticità cruda e incalzante, con un ottimo Antimo Casertano a dare voce a tutti i nove protagonisti della vicenda – ma il vero protagonista in scena era lui stesso, che ha dato prova di sè con eccezionali capacità mimetiche e una presenza scenica del tutto fuori scala.
Meola riesce a portare in scena un lavoro di ricerca assai complesso.”
(FacciUnSalto | Massimiliano Maccaus)
Il versatile interprete impersona con grande perizia i nove personaggi coinvolti nella vicenda – la cui alternanza è scandita dal cambio delle luci di scena – e sembra a suo agio in uno spazio pur limitato, quello della zattera ubicata al centro del laghetto delle Terme-Stufe di Nerone, recitando senza soluzione di continuità per 70 minuti, inchiodando lo spettatore alla sedia e snocciolando versi liberi o a rima baciata (l’opera in gran parte è in versi) che fanno da contraltare alle rime del brano di sottofondo del cantastorie, dedicato a suo tempo alla vicenda.
Una performance davvero emozionante, un pezzo di bravura di autore, regista e attore.”
(Street News | Massimiliano Longobardi)
La forma originale del testo, costituto per il 70% da versi di varia natura, presenta come in un affresco i nove protagonisti della clamorosa vicenda e l'unico corpo per queste nove voci è quello di Antimo Casertano.
Nessun dubbio sui personaggi che di volta in volta interpreta: una particolare incrinatura della voce, un gesto ripetuto, un tic nervoso, una posizione assunta sulla scena. L'attenzione per i piccoli dettagli svela il continuo lavoro fisico e verbale che ha portato a una performance nitida e incisiva, un monologo sulla carta, una successione di confessioni sulla scena.
Un lavoro profondo e accurato svolto in sintonia col regista, Giovanni Meola, che ha ottenuto un risultato magnetico per questa messa in scena così intima e coinvolgente: lo spettatore non può fare a meno di sentirsi dirottato nel labirinto di ipotesi e indizi disorientanti, avvertendo come un rumore sordo ma costante durante tutta la performance, l'empatia per la piccola vittima, che si porterà dentro una volta lasciate le terme.”
(Il Gufetto | Francesca Faiella)